E’ troppo grigio il cielo di questo pomeriggio perché lo si possa guardare con curiosità. Eppure gli storni lo attraversano veloci, a migliaia, unendo punti invisibili tra le nuvole, portandosi dietro i pensieri della città, costretta a rimanere a terra muta, inchiodata alle occhiate rabbiose degli automobilisti fermi al semaforo.
Siamo solo a fine settembre e già il respiro si condensa sui finestrini fermi in coda, appanna lo sguardo che vorrebbe vagare. Quegli storni lassù hanno l’aria di volersi radunare, preparano il loro viaggio, oppure fuggono anche loro inseguiti dalla pioggia.
In ogni caso volano.
Qualche chilometro nella campagna appena uscita dal temporale e dopo l’ultima curva, finalmente, saremo a casa.
Sui tetti ci sono loro, radunati a grappoli sulle brutte antenne misere e sui fili. Stanno vicini, gonfi di pioggia da poco caduta, fischiano quel loro fischio di malinconia.
Aspettando nuovi pensieri da trascinare via, stanno in file ordinate, quando uno partirà si muoveranno tutti, insieme, precisi nelle loro innate geometrie.
In mille come se fossero uno solo.
Si portano dietro il filo delle domande puntate come fucili al cielo sopra la città dell’ora di punta, sono certa che loro sapranno dove portarlo.
Gli storni neri che fischiano d’autunno.
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