Le gatte strega

In questa piazzetta di paese, un piccolo paese in forma di presepe all’imbocco della mia valle, abitava fino a qualche anno fa una maga.

Io la definirei strega, in onore delle antiche guaritrici ed herbarie che proliferavano nei secoli scorsi in queste foreste, alcune delle quali subendo condanne odiose, come per esempio essere messe al bando ed essere costrette a girare per le vie e dinnanzi alla chiesa, nel giorno del Signore, vestite di una tunica gialla con una croce rossa.

Una fu uccisa, condannata dal podestà senza nemmeno subire un processo, obliquamente accusata di “sortilegio”: Beltramina si chiamava, ed era l’anziana erborista e ostetrica della valle.

La mia moderna strega invece ha avuto una vita lunga e felice, e un nome semplice e pulito, Maria: se ne è volata via senza scopa quand’era ormai centenaria e mi ha letto non so quante volte le carte e i fondi del caffè.

Ho imparato qualcosa anch’io da lei, sbirciando, chiedendo e studiando.

Bambina, mi chiamava, e non so se leggesse il futuro, ma di certo sapeva leggermi dentro.

Leggeva anche la mano, aveva letto la mano di Mussolini vedendo, diceva lei, la sua fine orribile quand’era ancora giovane e onnipotente.

Poi fece un voto, dopo aver perso una persona cara, e le mani delle persone non le volle più sfogliare come libri fatti di carne, di sangue e lacrime.

Da quando non c’è più, questi boschi ondeggiano in silenzio, a volte. C’è il vento ma non ne senti il rumore.

Forse aspettano la loro nuova strega.

Ieri sono passata qui dopo tanto, in compagnia di Clara scodinzolante e fradicia di bagni al torrente, e c’era lei, questa splendida gatta colore delle pietre antiche e con due pezzetti di cielo sporco al posto degli occhi.

Sdraiata davanti alla porta chiusa della mia cara Maria.

Ci ha squadrato per un bel po’, muovendo solo la coda, prima di riparare sul muretto dove le ho rubato questa foto.

Era sicura e fiera, misteriosa.

Il suo sguardo mi ha letto dentro.

Anche Maria aveva gli occhi chiari come i gatti… ma con tristezza, tornando, ho pensato che faccio fatica a ricordarli veramente.

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