Capitolo 1
Quando sono nato dalla mia mamma, la prima cosa che ho sentito è stata…
la sua pelliccia morbida!
Mi faceva il solletico al naso. E io mi sono aggrappato stretto stretto!
Sì, perché noi nasciamo a dieci metri di altezza, più o meno. E quando veniamo fuori dalla pancia della mamma, dobbiamo stare attenti a non cadere.
E infatti io per poco non cadevo.
Cioè, non è che volevo cadere, volevo solo dare un’occhiatina di sotto, ma mi stavo sporgendo un po’ troppo.
OOOOOH l’aria!
La mamma mi ha detto “Attento! Tieniti forte, Roccia!”: aveva deciso di chiamarmi così quando mi aspettava, diceva, mio figlio sarà bello e forte come la roccia!
Allora io mi sono stretto strettissimo e poi ho cercato subito il suo latte buono.
All’inizio mangiavo soltanto e mi godevo il calore della mamma.
Poi, dopo un po’ di giorni, ho sentito qualcosa nelle mie ali… Improvvisamente mi formicolavano tutte.
Si muovevano da sole!
La mamma allora mi ha spinto un po’ con le sue ali delicate.
“Ora è il momento Roccia, adesso puoi volare”
Volare io??? Cioè buttarsi di sotto, nel vuoto, lanciarsi a rischio di spiaccicarsi su qualche sasso e finire dritto dritto in bocca a una volpe?
Sììì!
E così mi sono buttato e ho scoperto che sapevo volare! Anche se nessuno me lo aveva insegnato! …Cioè… In realtà me lo avevano insegnato tutti i pipistrelli che sono venuti al mondo prima di me, me lo ha spiegato la mamma intanto che ciucciavo il suo latte.
“Non avere paura Roccia – mi diceva (che poi paura io mica ce l’avevo) – quando sarà il momento giusto vedrai che volare sarà facilissimo, perché nel nostro sangue scorre il sangue di tutti i pipistrelli, anche quelli più antichi, saranno loro a farti da bussola e grazie a loro saprai fare tutto, cacciare, dormire appeso a testa in giù e volare usando i suoni e i rumori.
Ah già! mi ero dimenticato di dirvelo…
Io sono un pipistrello. Piacere!
Comunque che bello volare.Volare è la cosa più bella di essere un pipistrello.
Poi per seconda c’è che noi pipistrelli non andiamo mai a sbattere contro nulla perché sappiamo usare la magia degli ULTRASUONI. In pratica funziona così… noi lanciamo dei suoni che nessuno riesce a sentire, tranne noi che abbiamo delle orecchie proprio speciali. E questi suoni sono come delle specie di onde: colpiscono le cose, rimbalzano e tornano indietro alle nostre orecchie!
Così noi sappiamo che davanti a noi c’è un ostacolo e possiamo cambiare strada, ci orientiamo, troviamo da mangiare, facciamo tutto così, con gli ULTRASUONI!
Forte, vero? Così non ci serve guardare con gli occhi per muoverci.
Infatti noi pipistrelli andiamo in giro solo di notte.
Ecco.
E’ proprio questo il punto.
Io vorrei tanto sapere com’è andare in giro di giorno.
Sì sì lo so che la luce ci dà fastidio e di giorno non ci vediamo bene ed è pericoloso.
Ma io sono curioso.
Me lo dice sempre la mamma nella Grotta Buia, quando dormiamo tutti appesi a testa in giù. Mi dice: Roccia, tu sei bello e forte, ma sei troppo curioso! Ti caccerai nei guai!
E infatti una mattina mi sono cacciato. Nei guai, voglio dire…
Io non volevo, non avevo neanche pensato di combinare cose che non si fanno però, insomma, è andata così.
Stavamo tutti dormendo a testa in giù nella Grotta Buia con la pancia piena e ci scaldavamo vicini vicini (noi pipistrelli facciamo così)… era bello sentire fuori il rumore della pioggia e del vento.
C’era il temporale là fuori…
”Il primo temporale dell’anno – sussurrava la mamma – stanotte troveremo tanto da mangiare perché sta arrivando l’estate…”
Io non l’avevo mai sentito il cielo fare rumore così, era forte, mi piaceva!
Ma poi ho sentito un altro rumore.
Leggero, un rumore di qualcuno che aveva freddo.
Qualcuno che non era per niente contento del temporale.
Aprii un occhio e guardai giù.
C’era uno strano animale, piccolo, ma bello!
Aveva ali leggere e piccole, un corpo sottile. E piangeva. Eh sì, piangeva, cioè… aveva le ali tutte tremolanti e mi sembravano anche un po’ bagnate, ma non tanto.
Svolazzava senza riuscire ad uscire dalla grotta. Con un piccolo volo l’avevo raggiunta.
“E tu chi sei?”
Ma l’animale si spaventò moltissimo.
“Non mangiarmi per favore!”
“Mangiarti? Sappi che io mangio di notte, non di giorno,tanto per cominciare, adesso sono pieno e poi secondo me non tu sei neanche tanto buono, con tutte quelle ali piene di polverina! Non avevo mai visto un animale così…”
“Così come?!” disse quello tutto tremolante, ma anche un po’ offeso.
“Così… bello!”
“Grazie, beh nemmeno io avevo visto un animale così…”
“Così come??”
“Mmmmm, bruttino, però sembri anche simpatico, e poi voli davvero veloce!”
“Certo! Sono un pipistrello, mi chiamo Roccia, e tu?”
“Io sono una farfalla e mi chiamo Vanessa”
“Senti Vanessa, perché te ne stai qui dentro a piangere e non sei a dormire a testa in giù a casa tua?”
“Ma io non dormo a testa in giù! E soprattutto non dormo di giorno, ho da fare di giorno io, sai, ho tutti i fiori che mi aspettano per darmi il loro nettare, e di notte i fiori sono chiusi”
Nettare? Fiori? Chiusi di notte? Di cosa stava parlando Vanessa la vanitosa?
“E poi sto piangendo – continuò- perché non mi ero mai trovata sotto la pioggia, ho rischiato di bagnarmi le ali e morire, capisci, e mi sono rifugiata qui: adesso che ha smesso di piovere vorrei uscire da questa grotta buia,ma non vedo nulla, non trovo più la luce, sono disperata, morirò qui da sola.
“Ho capito, ho capito, basta piangere! Dai ti aiuto io, ce la fai ad attaccarti alla mia pelliccia? Così ti scaldi anche un po’ e finisci di asciugarti le ali”
Vanessa all’inizio non si fidava, ma poi salì sulla mia schiena, non la sentivo quasi, era leggera leggera.
“Tieniti forte”
“Sì ma tu vai piano per favore” “Okkkey”
E così feci la solita strada che facevo tutte le sere per uscire dalla Grotta Buia, era facile, bastava schivare due o tre grossi sassi e la cascata che c’era all’uscita, tanto io avevo gli ULTRASUONI e per me era facile. E dietro Vanessa si teneva stretta strettissima.
Così presto ci ritrovammo fuori.
C’era la luce, ma non tanta perché le nuvole erano ancora fitte nel cielo anche se non pioveva più.
“Sei mai stato fuori dalla tua Grotta Buia di giorno?” Mi chiese Vanessa, che adesso che era più tranquilla, era anche diventata più simpatica.
“No!”
“Vuoi venire a fare un giretto con me? Ti porto in un prato con un sacco di fiori”
Quella era una proposta che non si poteva rifiutare però…. Volare di giorno? Alla luce?
In mezzo alle volpi e ai falchi? Sìììììì!
Però questa volta toccava a Vanessa aiutare me!
“Seguimi da vicino e vola sotto gli alberi, così il falco non ti vedrà…”
Fu davvero bello volare con Vanessa, lei volava sopra i fiori, e li salutava tutti e i fiori sembravano contenti di vederla.
Io volavo sopra di lei, ero felicissimo, così felice che non mi accorsi di un’ombra scura che era apparsa proprio sopra Vanessa.
Era un gheppio.
Ai gheppi piacciono le farfalle, e forse anche i pipistrelli! La mamma lo aveva detto che di giorno ci sono i falchi che si chiamano gheppi e che mangiano gli animali più piccoli e bisogna stare attenti, molto attenti!
“Attenta Vanessa!” Il gheppio stava scendendo sopra di lei per catturarla e io …
Non ci ho pensato due volte e mi sono buttato in mezzo,
Il gheppio non se lo aspettava proprio un pipistrello in pieno giorno!
“Vanessa attaccati a me!”
Volai più forte che potevo, e il gheppio dietro!
Ma la Grotta Buia non era lontana, superai la cascata e lì il gheppio non ci poteva più seguire.
Che avventura!
Ci era andata bene, per l’emozione avevo la pelliccia tutta dritta!
Io e Vanessa ci salutammo.
“Grazie, mi hai salvato la vita!”
“Figurati!”
“La prossima volta tocca a te allora..”
“Che cosa?” dissi io.
“Portarmi a conoscere la notte!”.
“Allora ci rivedremo?”
“Ci rivedremo presto, anzi prestissimo!”
Continua nel prossimo episodio
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